Il modello delle imprese plug-in come strategia per rilanciare il sistema industriale italiano
Giulio Buciuni, professore di Business Innovation alla business school del Trinity College di Dublino, ha presentato a CNA Emilia-Romagna il suo ultimo volume Innovatori Outsider. Nuovi modelli imprenditoriali per il capitalismo italiano (Il Mulino, 2024). “Esiste un nuovo modello di business che sono le imprese plug-in. Che non hanno a che fare con le start-up della Silicon Valley, con le imprese “unicorni” con fatturati di miliardi, o con le pmi più tradizionaliste con il capo-padrone“. Capire questo e investire davvero sulle facoltà universitarie STEM è “questione di national security“, afferma Buciuni.
Al centro del saggio di Buciuni, infatti, vi è l’analisi di un nuovo modello imprenditoriale: le imprese plug-in. Queste realtà si collocano in una posizione intermedia tra le imprese tradizionali, caratterizzate da strutture gerarchiche rigide, e le startup, che incarnano invece l’idea di un’innovazione tecnologica rapida e spesso disordinata, guidata da giovani imprenditori privi di esperienza manageriale consolidata. Secondo Buciuni, le imprese plug-in sarebbero capaci di combinare i vantaggi della solidità e dell’esperienza tipica delle piccole e medie imprese manifatturiere italiane con la flessibilità e la spinta innovativa delle startup.
“Necessario anche l’intervento della politica per fare in modo che nel curriculum scolastico ci sia un approfondimento vero del fare impresa“, ha sottolineato il presidente di CNA Emilia-Romagna Paolo Cavini. “Con questo intendo che è necessario un programma strutturato di approfondimento pratico e culturale di cosa significa fare l’imprenditore e l’imprenditrice. Dobbiamo incoraggiare i giovani e le giovani, fare capire loro perché aprire un’impresa è un’opportunità e come farlo in modo competitivo“.
Sulla stessa linea anche l’assessora regionale alla Scuola e al Welfare Isabella Conti: “Sono d’accordo e aggiungo che l’università ha un ruolo chiave in questo. Perché se si investe bene può diventare il vero collegamento tra mercato e ricerca“.
Il contesto di riferimento delle imprese plu-in
Il modello delle imprese plug-in emerge in un contesto di profonda crisi strutturale del sistema industriale italiano, segnato da una crescita stagnante, da un calo degli investimenti e da una perdita di competitività sui mercati internazionali. La riflessione di Buciuni si inserisce all’interno di questo scenario critico, suggerendo che la rigenerazione dell’apparato produttivo italiano non possa avvenire attraverso una mera imitazione dei modelli di business della Silicon Valley, né attraverso la difesa passiva delle strutture industriali tradizionali. La via proposta è invece quella di una contaminazione reciproca tra le competenze consolidate delle PMI e le capacità di innovazione delle startup, con l’obiettivo di creare un ecosistema industriale più dinamico e adattivo.
Non si tratta, quindi, di una questione meramente economica, ma di una vera e propria questione di sicurezza nazionale. Come ha dichiarato Buciuni durante l’incontro: «Si tratta di national security». Il destino industriale dell’Italia è strettamente legato alla capacità di rinnovare il tessuto produttivo e di adattarlo alle nuove sfide tecnologiche e di mercato. La sopravvivenza del sistema industriale italiano dipende, secondo Buciuni, dalla capacità di integrare nuove soluzioni tecnologiche e nuovi modelli di business all’interno dei distretti industriali storici, senza disperdere il capitale di competenze e di relazioni che ha reso competitivo il sistema manifatturiero italiano nel corso del Novecento.
Il modello delle imprese plug-in
Tra il 2023 e il 2024, Buciuni ha condotto uno studio approfondito su otto imprese italiane che incarnano il modello plug-in, anche grazie alla collaborazione con Elisa Muratori, referente di CNA Emilia-Romagna Giovani Imprenditori e Start-up. Queste imprese operano in settori chiave del Made in Italy — dall’automotive al tessile, dall’agroalimentare alla meccanica e alle calzature — e condividono la capacità di operare in continuità con i territori industriali italiani, riadattandone le strutture produttive alle esigenze della nuova economia globale.
Come sottolinea Buciuni nel suo saggio, le imprese plug-in si inseriscono all’interno di sistemi industriali consolidati, utilizzando le infrastrutture, le reti di fornitura e le competenze locali per sviluppare prodotti e servizi innovativi. Questo approccio consente di superare uno dei limiti strutturali delle startup, ovvero la difficoltà di accesso a capitali, competenze produttive e mercati consolidati, mantenendo al tempo stesso l’agilità e la propensione al rischio tipica delle imprese innovative.
Durante l’incontro, Buciuni ha illustrato alcuni casi emblematici di imprese plug-in che operano in Emilia-Romagna, una delle regioni italiane con la più alta densità di distretti industriali e di PMI manifatturiere. Tra questi, due esempi particolarmente significativi sono:
- Packtin (Reggio Emilia), spin-off dell’Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia, che riutilizza sottoprodotti agroalimentari per creare nuovi materiali sostenibili, con un forte orientamento verso la sostenibilità ambientale e l’economia circolare.
- Hipert (Modena), azienda nata come spin-off universitario, che sviluppa algoritmi di intelligenza artificiale per la guida autonoma in ambienti complessi, collaborando con marchi di prestigio come Maserati e Ferrari.
Queste imprese rappresentano due declinazioni complementari del modello plug-in: da un lato, l’innovazione sostenibile legata alla valorizzazione delle risorse locali; dall’altro, l’applicazione di tecnologie avanzate nei settori tradizionali dell’industria manifatturiera italiana.
Verso una nuova geografia industriale
L’analisi di Buciuni mette in evidenza come il modello plug-in possa contribuire a ridisegnare la geografia industriale italiana, superando la dicotomia tra innovazione tecnologica e tradizione manifatturiera. Invece di abbandonare le strutture produttive esistenti per inseguire modelli di business ispirati alla Silicon Valley, le imprese plug-in dimostrano che è possibile rigenerare il tessuto industriale italiano attraverso una sinergia tra competenze tradizionali e nuove tecnologie.
In questa prospettiva, le imprese plug-in non rappresentano solo un nuovo modello di business, ma una strategia di sopravvivenza per il sistema industriale italiano. Come conclude Buciuni: «Le imprese plug-in iniettano nuove soluzioni tecnologiche e modelli di business all’interno di settori industriali maturi, contribuendo all’upgrading delle imprese manifatturiere e del sistema industriale nel suo complesso».