Servono strumenti efficaci, equi e parametrati per favorire la crescita dell’occupazione

 

La fine del blocco dei licenziamenti generalizzato segna l’avvio concreto dell’exit strategy dalle misure emergenziali per fronteggiare gli effetti della pandemia. La soluzione individuata consente di togliere dal tavolo un potenziale elemento di tensione sociale che sarebbe deleterio nella fase di accelerazione del ciclo economico. Tuttavia, non si deve cadere nella trappola di immaginare che il ritorno graduale della normalità significhi ripristinare automaticamente quella zona di comfort per il sistema delle imprese, in particolare piccole e le micro. Due decenni contrassegnati dalla crescita zero sono l’eloquente testimonianza che la pandemia ha soltanto fatto da cassa di risonanza ai problemi strutturali del nostro Paese.  In ogni modo, riteniamo che lo sblocco dei licenziamenti non sia in grado di provocare il temuto tsunami per l’occupazione, soprattutto tra artigiani e micro e piccole imprese, le cui aspettative sono orientate verso un moderato ottimismo, come emerge da una recente indagine promossa dalla CNA tra i propri associati.

La maggior parte degli interpellati prevedeva una sostanziale tenuta dell’occupazione alla scadenza del blocco e, se nel frattempo ci sarà una ripresa della domanda, l’offerta di lavoro potrà aumentare. Oltre il 30% degli intervistati è intenzionato ad ampliare l’organico al termine della campagna vaccinale e con il concreto avvio della ripresa dell’economia. Il 56,5% invece ritiene che manterrà inalterato l’organico e soltanto il 13,2% sarà costretto a procedere ai licenziamenti.

La vitalità di micro e piccole imprese, le loro doti di adattamento e flessibilità trovano conferma nei numeri: già nel primo quadrimestre dell’anno l’occupazione nell’artigianato e nelle piccole imprese è aumentata dello 0,4%. Oggi più che mai servono strumenti efficaci per favorire ogni occasione di crescita dell’occupazione e la mobilità verso quei settori che scontano tassi di posti vacanti maggiori rispetto alla media nazionale. Occorre, pertanto, procedere celermente verso l’auspicata riforma degli ammortizzatori sociali e delle politiche attive del lavoro che non dovrà cancellare il valore e le specificità dell’artigianato mediante la creazione di un unico modello di ammortizzatore sociale, per tutti i lavoratori e tutte le imprese.

Il mondo dell’artigianato – che per primo è stato sensibile al tema dell’universalità delle tutele, costituendo un Fondo di solidarietà bilaterale a sostegno di tutte le imprese artigiane, anche di quelle con un solo dipendente – oggi chiede che non vengano eliminate quelle caratteristiche specifiche del proprio sistema di sostegno al reddito, con aliquote e prestazioni tagliate su misura per le imprese artigiane. L’attacco ai Fondi bilaterali non sarà tollerato perché rappresenta uno schiaffo ai corpi intermedi e alla democrazia. Non è la disciplina identica che crea un sistema equo, tutt’altro. Regole uguali per tutti, senza valorizzare le differenze specifiche, porterebbero alla costruzione di un sistema diseguale e iniquo. Riteniamo impossibile, come CNA, condividere l’idea di una gestione centralizzata in capo all’INPS dei vari strumenti di sostegno al reddito. I Fondi rappresentano un mezzo di snellimento del sistema centrale, di semplificazione per le aziende e di prossimità per i lavoratori e in nessun caso costituiscono un aggravio per lo Stato. Per cui ammortizzatore universale sì, unico no.